San Paolo era uno sportivo? Non lo sappiamo. Ma parla di sport. Probabilmente, da persona colta, era consapevole del valore dell’impegno degli atleti. E vi fa riferimento per farsi meglio comprendere.
Ebbene, perché l’uomo dovrebbe impegnare al massimo le sue energie nello sport, come in qualsiasi altra attività? L’impegno atletico e sportivo può correre dei pericoli nel richiedere sempre tutto ciò che può dare il proprio fisico fino a rischiare nei casi estremi anche la propria vita. Oggi gli stessi medici dello sport sconsigliano di “spremere” tutte le energie personali per ottenere un risultato.San Paolo eleva a un piano superiore questo discorso e lo applica a una scelta di vita totalmente volta a un obiettivo che appare umanamente impossibile, come credere in una vita eterna oltre questi nostri anni: “Perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1 Corinzi 15,30-32). Il combattimento di cui parla San Paolo è chiaramente una lotta che egli vive coscientemente escludendo la paura di giocarsi la vita. Infatti, pur trovandosi in balia dei suoi nemici, è convinto che la scelta per Gesù Cristo e per i fratelli di fede è una lotta che supera le fiere dell’arena e l’avversario più temibile che è la morte, perché la stessa morte è stata sconfitta dal Signore risorto.
In altre parole ci possono essere motivi forti per impegnarsi ai limiti del possibile, sempre con la garanzia di una scelta che merita giocarsi la vita, nella prudenza e carità di Cristo.
Ma noi facciamo una corsa insensata o conosciamo bene la nostra meta? Con i discepoli della Galazia, convertiti di recente e che ancora si dibattono tra mille dubbi, San Paolo cerca di precisare il motivo di una “corsa” che solo apparentemente va all’impazzata, ma che invece ha percorsi e obiettivi molto concreti già sperimentati da altri, ai quali si può e si deve fare riferimento. Come avviene nello sport, dove non ci si improvvisa campioni, ma si seguono quelli che prima hanno sperimentato tecniche e possibilità sia del corpo sia della mente umana. Se poi non si vince, non ci si deve scoraggiare, ma semmai c’è da verificare il perché del mancato risultato ottimale, o comunque inferiore alle giuste attese. Che cosa non ha funzionato a dovere o dove si è sbagliato? Così facendo si prova a porre un rimedio per le successive occasioni.
Come si è comportato San Paolo? “Esposi loro (ai notabili) il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano” (Galati 2,2).
E cosa chiede ai suoi fedeli? “Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità?” (Galati 5,7).
P. Marcello Lauritano, ssp
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