Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il Vangelo di Dio.
Scelto per annunciare il Vangelo di Dio
Paolo, quando afferma, scrivendo ai Romani (1,1) che è stato “scelto per annunciare il Vangelo di Dio” usa lo stesso linguaggio delle vocazioni profetiche dell’Antico Testamento. Leggiamo, così, in Geremia (1,7-9): “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni […] Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò […] Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca”. Dio conosce Geremia prima di essere formato nel grembo materno, lo consacra, e lo costituisce profeta. Il verbo “consacrare” significa “separare” dal mondo profano, togliere dalle circostanze considerate “normali” per una persona, per destinarla a un ministero profetico. Questo prevede anche angustie e persecuzioni, per questo aggiunge: “Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti” (1,8). Dio non abbandona il suo profeta.
La storia di Paolo sarà simile a quella del profeta Geremia. Soffrirà molto per la missione per la quale Dio lo ha “afferrato” e, quando in Macedonia, viene accusato di essere un bestemmiatore, da Dio riceve la stessa promessa di Geremia: “Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male” (Atti 18,9-10). Quando il Signore sceglie qualcuno per una missione speciale, fa sempre questa promessa. In ogni circostanza la persona chiamata potrà contare sulla presenza e la vicinanza del Signore.
Lo scopo della chiamata è il servizio del Vangelo di Dio. È questa la versione paolina di ciò che i profeti percepivano come missione: portare il nome di Dio di fronte al suo popolo; e ciò che Gesù esprimeva come cooperazione con lui al ristabilimento del Regno.
La chiamata del Signore trasforma la vita di Paolo: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Corinti 9,16). Per Paolo, è un coinvolgimento totale, illimitato, senza riserve alla chiamata del Signore. Non può più vivere senza annunciare il vangelo, senza essere un testimone di fede, di speranza e di carità. È impossibile non gridare nel mondo, sulle piazze, sulle strade, nelle famiglie e nelle chiese, di giorno e di notte, che “Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2,11).
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