Sia fatta la tua volontà

Fare la volontà di Dio: nella vita, normalmente, è invocata per imporre dei precetti – “Dio lo vuole” -, e viene subìta con rassegnazione, come qualcosa di ineluttabile, specie davanti alle disgrazie. Un destino già fissato, contro cui non possiamo fare niente. E così, rivolgendo a Dio la nostra richiesta: sia fatta la tua volontà, dentro di noi speriamo che almeno sia buona oppure che corrisponda ai nostri desideri. Il teologo, scrittore e poeta David Maria Turoldo, pochi mesi prima della morte, parlando della sua esperienza di persona colpita dal cancro, risolve così la questione: «se Dio dovesse intervenire, perché dovrebbe intervenire solo per me, guarire solo me e non guarire il bimbo focomelico, il fratello che magari è in uno stato di sofferenza e di disperazione peggiore del mio? Perché dovrei dire che Dio mi ha voluto bene perché la bomba non è caduta sulla mia casa ma è caduta sulla casa del vicino? Allora è un Dio che non vuole bene al vicino di casa… E se poi intervenisse per tutti e sempre, non sarebbe stabilire un determinismo a livello fisico e pure a livello morale?» (Il Gazzettino, 1 novembre 1991).

Che cosa significa allora chiedere a Dio sia fatta la tua volontà? Per comprenderlo è necessario collocarci idealmente accanto all’uomo biblico del tempo di Gesù. Scopriamo così che l’idea di libertà non è prioritaria. Nella Bibbia si parla invece di “liberazione” per un “servizio”: Israele è stato liberato dalla schiavitù dall’Egitto per essere al servizio di Dio. JHWH, inviando Mosè a liberare il popolo in schiavitù, dice come prova: «quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte» (Esodo 3,12). E, con Dio, Israele avrà pienezza di vita. Lo dice chiaramente Mosè: «Io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso… Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità» (Deuteronomio 30,11-20). È l’invito a una alleanza con Dio, che presuppone una comunione profonda, un legame indissolubile, come tra un padre e i figli.

Entrati nella terra promessa, Giosuè chiederà al popolo conferma della scelta. E il popolo risponde: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!» (Giosuè 24,24).

La domanda che emerge dai testi biblici non è “sei libero?”, ma “di chi sei al servizio?”. “Servire Dio”, questo è il nome della libertà: nel passaggio dalla schiavitù a un servizio. Se la relazione è con Dio, c’è la vita; allontanarsi da lui conduce a servire gli idoli, e quindi alla morte.

[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 21 – continua]
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