Il Padre nostro è una preghiera breve, essenziale, ma anche impegnativa. Gesù non ci ha consegnato una formula da recitare, ci ha insegnato come pregare. Dire Padre suppone un rapporto personale con Dio: stiamo di fronte a lui, dialoghiamo con lui come figli. «La preghiera cristiana nasce dall’audacia di chiamare Dio con il nome di “Padre”. Questa è la radice della preghiera cristiana: dire “Padre” a Dio. Ma ci vuole coraggio! Non si tratta tanto di una formula, quanto di un’intimità filiale in cui siamo introdotti per grazia: Gesù è il rivelatore del Padre e ci dona la familiarità con Lui» (Papa Francesco, Udienza, 22 maggio 2019).
Il Padre nostro termina in maniera brusca. Una modalità insolita per le preghiere del tempo di Gesù, che abitualmente terminavano con una lode o un ringraziamento rivolti a JHWH. Gesù l’ha voluta così, come sospesa, non conclusa. Accentua la situazione in progress dell’orante, bisognoso della volontà salvifica di Dio. Dire consapevolmente il Padre nostro significa voler migliorare costantemente la propria vita, nella certezza di Dio come Padre e che ogni individuo è figlio di Dio e nostro fratello.
Nella Chiesa antica il Padre nostro faceva parte dei tesori più sacri. Poter recitare la preghiera del Signore era considerato un privilegio. Forse, oggi, lo recitiamo per abitudine, e abbiamo perso quel senso di “privilegio”. Che rimanda alla grande responsabilità nei confronti delle parole che pronunciamo: testimoni dell’amore di Dio e collaboratori del suo progetto di salvezza.
Traspare, in tutto il Padre nostro, una grande fiducia. Prima di tutto nel Padre, chiamato con tanta familiarità. Sicuri che i suoi progetti sul mondo andranno a buon fine. Ma soprattutto è importante sapere che la sua misericordia è senza fine, pronta a perdonare e rimediare ai nostri disastri.
San Paolo (Romani 8,35-39) ha in proposito parole eloquenti: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore».
Ed ecco allora il Padre nostro come stile di vita, strade da percorrere come figli di Dio, preghiera da ripetere per assimilare il suo contenuto, tavolozza di colori per dipingere il nostro nome in cielo.
Per concludere: com’era il Padre nostro nella lingua di Gesù? Ecco una possibile traslitterazione del testo aramaico e il corrispondente testo in italiano.
’Abûn d-b-ashmàya
Padre nostro che sei nei cieli
néth-qaddàsh shma-kh
sia santificato il tuo nome
tìe-teh melkutà-kh
venga il tuo regno
né-weh tsebyonà-kh
sia fatta la tua volontà
aikàna d-b-ashmàya af bà-‘arah.
come in cielo, così in Terra
Hàb-là-n làkma de-shunqàna-n yaumàna
dacci oggi il nostro pane quotidiano
wa shbúk la-n hawbàjn
e rimetti a noi i nostri debiti
‘ajkàna’ d-‘af khnàn shbaqn le-khaj-bàin
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
ù-lla ta’làn l-nessyúna
e non abbandonarci alla tentazione
éla pàzza-n mén bìsha.
ma liberaci dal male.
Amen
[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 42 – continua]
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