«Vegliate e pregate per non entrare in tentazione» (Marco 14,38): queste parole Gesù le dice ai discepoli in un momento tragico. Tra poco vivrà le conseguenze del tradimento, il bacio di Giuda come segno per catturarlo, l’arresto, il processo, la condanna a morte.
I discepoli avevano garantito di rimanere con il loro Maestro. L’apostolo Tommaso, prevedendo il pericolo, aveva detto agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!» (Giovanni 11,16). E Pietro: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte» (Luca 22,33); «Darò la mia vita per te!» (Giovanni 13,37). A parole erano pronti a morire ma, nel momento del bisogno, della tribolazione, cosa fanno? Gesù «venne dai discepoli e li trovò addormentati… Poi venne e li trovò di nuovo addormentati…» (Matteo 26,40.43). E poi, al momento della cattura: «Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono» (Matteo 26,56).
In quella situazione, è ben differente il comportamento di Gesù: «cadde faccia a terra e pregava… si allontanò una seconda volta e pregò… si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta…» (Matteo 26,39.42.44).
Nella prova, nella tribolazione, nella tentazione, Gesù prega. E rimane fedele alla sua missione. Confida nel Padre, e sa che attraverserà quel momento difficile. E, al momento della morte in croce, pronuncia le parole del Salmo 22: il canto di un sofferente che esprime la sua fiducia nel Signore.
Gesù chiede ai discepoli, e a noi, di vegliare e pregare. È facile dire di sì a questo invito del Signore! Ma quanto è facile poi anche addormentarsi, chiudere gli occhi.
Chiudere gli occhi per non lasciarsi coinvolgere dal grido di aiuto che ci viene da tante parti; per non vedere quanta sofferenza potremmo alleviare; per avere un alibi e una giustificazione ogni volta che viene chiesto il nostro impegno per situazioni a noi vicine o lontane.
Ma anche: chiudere gli occhi quando ci troviamo nell’angoscia, nella sofferenza, quando ci sembra di essere senza una via d’uscita, quando sentiamo Dio come lontano.
Al posto di chiudere gli occhi, Gesù dice: “Pregate”.
Gesù non spiega perché nel mondo esistono il male e la tentazione. Invita però alla preghiera. E consegna ai discepoli il Padre nostro. Il Padre nostro è la preghiera di coloro che, nella tentazione, si affidano a Dio, rimangono uniti a lui, soprattutto se sono in crisi, soprattutto se non comprendono o fanno fatica ad accettare quanto gli succede.
Pregare non abbandonarci alla tentazione non significa che eviteremo tutte quelle situazioni di tentazione a mettere i nostri desideri prima della volontà di Dio. L’obiettivo del Padre nostro non è fuggire le difficoltà, ma vincerle, attraversandole.
Vegliate e pregate ci dice Gesù. Perché Dio ci aiuti a superare la prova, perché a prevalere non siano i nostri progetti alternativi ma la volontà di Dio. Gesù ha insegnato questo ai suoi discepoli e anche a noi ora.
[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 37 – continua]
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