Il perdono a fondamento del mondo

Nella tradizione ebraica, tra gli insegnamenti di Rabbi Eliezer ce n’è uno riguardante l’origine del mondo: «Fino a che il mondo non fu creato, c’era il Santo, benedetto egli sia, e il suo grande nome soltanto. Gli venne in mente di creare il mondo, e modellava il mondo davanti a sé, ma esso non stava ritto… non stava ritto fino a che non creò il perdono».

Dio, infatti, ha avuto quell’intuizione d’amore dotando gli uomini della libertà. Quella libertà su cui però si può insinuare un pensiero malvagio, il desiderio del possedere, del potere. A questo punto, il mondo inizia a traballare. Non c’è alcuna possibilità che rimanga in piedi. Ed ecco la creazione del perdono. Quella capacità di ricostituire l’uomo e il creato nel sogno originario di Dio.

Il mondo non si regge senza il continuo perdono di Dio. Lo stesso discorso va fatto riguardo alle relazioni tra gli uomini: senza il perdono, la convivenza non regge. Questo vale per le grandi tensioni tra i popoli, ma anche per le piccole tensioni in famiglia, in ufficio, nei gruppi di convivenza. Senza il perdono, non ci può essere la fraternità. Il perdono di Dio e il perdono reciproco sono fondamentali.

Gesù è molto chiaro su come somigliare al Padre. L’immagine di Dio che Gesù ci rivela è quella di un Padre che perdona. Lo vediamo chiaramente nella parabola del Padre misericordioso (Luca 15,11-32) e nell’esortazione che Gesù fa su come somigliare al Padre: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti… Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matteo 5,44-45.48). Essere “figli” significa somigliare al Padre. Ma Dio ama anche i nemici. Perciò l’amore verso i nemici inizia a far parte del nostro essere figli di Dio.

Perdonare l’altro è vederlo non più come nemico o avversario, ma persona di cui sentirsi responsabile. Come fece Rabbi Wolf, secondo un racconto chassidico. Egli, avendo scoperto dei ladri in casa, volle togliere loro ogni colpa: «Buona gente, ciò che avete trovato da me consideratolo come mio dono». E ogni sera, prima di andare a letto, per togliergli ogni colpa se fosse venuto un ladro, diceva: «Io regalo a tutti ciò che possiedo». Perdonare significa regalare a una persona quello che mi ha rubato. Recuperandola e salvandola dalla colpa.

Suggerisce san Paolo: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi» (Efesini 4,31-5,1).

È particolarmente significativa un’antica leggenda medievale. Gesù e gli apostoli si sono riuniti in cielo per celebrare nuovamente l’Ultima Cena. C’è un posto che rimane vuoto. Finché compare Giuda, stanco e un po’ spaesato. E Gesù gli dice: “Ti stavamo aspettando”.

[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 33 – continua]
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