Gesù, il pane della vita

Alla folla che gli chiede: «Signore, dacci sempre questo pane», Gesù risponde: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame» (Giovanni 6,35). L’affermazione di Gesù è decisamente innovativa. Nel mondo ebraico, la manna e la Torah erano chiamate il pane della vita. La manna era il pane disceso dal cielo, che aveva sostenuto e mantenuto in vita il popolo durante il lungo cammino nel deserto, fino all’arrivo nella terra promessa. Nel pensiero ebraico, tuttavia, era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la Parola di Dio. Mosè ricorda al popolo che Dio «ti ha nutrito di manna… per farti capire che l’uomo non vive solo di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore» (Deuteronomio 8,3). E la Sapienza invita: «Venite, mangiate il mio pane» (Proverbi 9,5). Un invito che si fa sempre più pressante tramite il profeta: «Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro denaro per ciò che non sazia?» (Isaia 55,2). Eccolo il pane del Signore, il pane di vita: la sua parola, la Torah.

Ebbene, quello che era attribuito alla manna e alla Legge, Gesù lo dice di sé. Anzi, si sostituisce a loro. È Gesù il vero pane disceso dal cielo, quel pane che, mangiato, garantisce pienezza di vita. La richiesta di darci oggi il nostro pane quotidiano non riguarda, dunque, un pane qualunque, ma un pane ben determinato.

Ne abbiamo una conferma considerando un altro riferimento. Il termine greco che noi traduciamo con “quotidiano”, se risaliamo all’etimologia e alla corrispondente parola ebraica, significa “di domani”. Chiediamo, dunque, per “oggi”, il pane “di domani”. Ma qual è questo pane “di domani”? Lo troviamo, donato da Dio, nel Libro dell’Esodo.

Gli Israeliti raccoglievano ogni giorno la porzione di manna che era loro necessaria. Eccetto il sabato, giorno sacro. Perciò il venerdì ne raccoglievano una porzione doppia. La particolarità della manna del sabato, raccolta di venerdì, aveva una caratteristica: non si deteriorava, durava nel tempo. E questo perché era il pane del sabato, e il sabato, per gli ebrei, è il giorno di Dio, che è eterno.

Nella richiesta del Padre nostro, noi domandiamo il pane del sabato. Ed è una richiesta che si ricollega al venerdì. Ma c’è un venerdì importante per il cristiano? È quello del sacrificio di Gesù sulla croce. Ma anche della cena pasquale di Gesù con i discepoli, avvenuta il giovedì sera che, per gli ebrei, è l’inizio del venerdì. In questa cena, Gesù offre il pane, quel pane unico che identifica con il suo corpo. È il pane eucaristico, il pane della vita, che ci permette di rivolgerci a Dio chiamandolo Abbà.

Quindi, chiedere “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cioè “dacci oggi il nostro pane di domani”, significa chiedere al Padre quel pane che è Cristo Signore, Parola inviata da Dio, che si è fatta carne e si consegna agli uomini quale “pane della vita”, pane che dona la vita.

[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 29 – continua]
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