GMG 2023, Lisbona. Omelia di Papa Francesco nella celebrazione dei vespri con i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e gli operatori pastorali (2 agosto, presso il Mosteiro dos Jerónimos).
La bellezza sconfinata dell’oceano, che costeggia il Portogallo, è lo spunto per la riflessione di Papa Francesco. «Mi riporta al contesto della prima chiamata dei discepoli, che Gesù chiamò sulle rive del Mare di Galilea… Gesù, passando, “vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti” (Luca 5,2). Gesù allora salì sulla barca di Simone e, dopo aver parlato alle folle, cambiò la vita di quei pescatori invitandoli a prendere il largo e a gettare le reti. Notiamo subito un contrasto: da una parte, i pescatori scendono dalla barca per lavare le reti, cioè per pulirle, conservarle bene e tornare a casa; dall’altra parte, Gesù sale sulla barca e invita a gettare di nuovo le reti per la pesca. Risaltano le differenze: i discepoli scendono, Gesù sale; loro vogliono conservare le reti, Lui vuole che si gettino nuovamente in mare per la pesca».
Il Papa applica subito questa immagine alla realtà della Chiesa. «A Cristo interessa portare la vicinanza di Dio proprio nei luoghi e nelle situazioni in cui le persone vivono, lottano, sperano, talvolta stringendo tra le mani fallimenti e insuccessi, proprio come quei pescatori che nella notte non avevano preso nulla. Gesù guarda con tenerezza Simone e i suoi compagni che, stanchi e amareggiati, lavano le loro reti, compiendo un gesto ripetitivo, automatico, ma anche affaticato e rassegnato: non restava che tornare a casa a mani vuote. A volte, nel nostro cammino ecclesiale, si può provare una stanchezza simile… Una stanchezza quando ci sembra di stringere tra le mani solo delle reti vuote. È un sentimento piuttosto diffuso nei Paesi di antica tradizione cristiana, attraversati da molti cambiamenti sociali e culturali e sempre più segnati dal secolarismo, dall’indifferenza nei confronti di Dio, da un crescente distacco dalla pratica della fede».
«Quando ci si sente scoraggiati – e ciascuno di voi pensi in quale momento ha provato scoraggiamento -, il rischio è quello di scendere dalla barca, restando impigliati nelle reti della rassegnazione e del pessimismo. Invece, abbiamo fiducia che Gesù continua a tendere la mano… Infatti, appena gli apostoli scendono a lavare gli strumenti utilizzati, Gesù sale sulla barca e poi invita a gettare di nuovo le reti. Nel momento dello scoraggiamento, del “pensionamento”, lasciamo che Gesù salga di nuovo sulla barca, con la speranza dei primi tempi, quella speranza che dev’essere ravvivata, riconquistata, ri-editata. Lui viene a cercarci nelle nostre solitudini e nelle nostre crisi per aiutarci a ricominciare».
Continua il Papa: «Quello che viviamo è certamente un tempo difficile, lo sappiamo, ma il Signore oggi chiede a questa Chiesa: “Vuoi scendere dalla barca e sprofondare nella delusione, oppure farmi salire e permettere che sia ancora una volta la novità della mia Parola a prendere in mano il timone? Tu, sacerdote, consacrato, consacrata, vescovo, vuoi solo conservare il passato che hai alle spalle oppure gettare nuovamente con entusiasmo le reti per la pesca?”. Ecco cosa ci domanda il Signore: di risvegliare l’inquietudine per il Vangelo».
Ed ecco l’esortazione: «Gettare di nuovo le reti e abbracciare il mondo con la speranza del Vangelo: a questo siamo chiamati! Non è tempo di fermarsi, non è tempo di arrendersi, non è tempo di ormeggiare la barca a riva o di guardarsi indietro; non dobbiamo fuggire questo tempo perché ci spaventa e rifugiarci in forme e stili del passato. No, questo è il tempo di grazia che il Signore ci dà per avventurarci nel mare dell’evangelizzazione e della missione».
A tale scopo, Papa Francesco indica tre scelte, ispirate al Vangelo.
La prima è quella di prendere il largo.«Per gettare nuovamente le reti in mare, bisogna lasciare la riva delle delusioni e dell’immobilismo, prendere le distanze da quella tristezza dolciastra e da quel cinismo ironico che a volte ci assalgono dinanzi alle difficoltà… Passare dal disfattismo alla fede, come Simone che, pur avendo faticato a vuoto tutta la notte, dice: “Sulla tua parola getterò le reti” (Luca 5,5)… Siamo chiamati a immergere le nostre reti nel tempo che viviamo, a dialogare con tutti, a rendere comprensibile il Vangelo, anche se per farlo possiamo rischiare qualche tempesta… Andiamo al largo senza paura; non temiamo di affrontare il mare aperto, perché in mezzo alla tempesta e ai venti contrari ci viene incontro Gesù, che dice: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Matteo 14,27)».
La seconda scelta è quella di portare avanti insieme la pastorale. «Gesù affida a Pietro il compito di prendere il largo, ma poi parla al plurale, dicendo «gettate le reti» (Luca 5,4): Pietro guida la barca, ma sulla barca ci sono tutti e tutti sono chiamati a calare le reti. Tutti… Sulla barca della Chiesa ci dev’essere spazio per tutti: tutti i battezzati sono chiamati a salirvi e a gettare le reti, impegnandosi in prima persona nell’annuncio del Vangelo. E non dimenticate questa parola: tutti, tutti, tutti… Tutti, tutti. Non mettiamo dogane nella Chiesa. Tutti».
La terza scelta è quella di diventare pescatori di uomini. «Non abbiate paura. Questo non è fare proselitismo, è annunciare il Vangelo che interpella. In questa immagine così bella di Gesù, essere pescatori di uomini, Egli affida ai discepoli la missione di prendere il largo nel mare del mondo. Spesso, nella Scrittura, il mare è associato al luogo del male e delle potenze avverse che gli uomini non riescono a dominare. Perciò, pescare le persone e tirarle fuori dall’acqua significa aiutarle a risalire da dove sono sprofondate, salvarle dal male che rischia di farle affogare, risuscitarle da ogni forma di morte».
Ed ecco la missione della Chiesa. «A noi, come Chiesa, è affidato il compito di immergerci nelle acque di questo mare calando la rete del Vangelo, senza puntare il dito, senza accusare, ma portando alle persone del nostro tempo una proposta di vita, quella di Gesù: portare l’accoglienza del Vangelo, invitare alla festa, in una società multiculturale; portare la vicinanza del Padre nelle situazioni di precarietà, di povertà che crescono, soprattutto tra i giovani; portare l’amore di Cristo dove la famiglia è fragile e le relazioni sono ferite; trasmettere la gioia dello Spirito dove regnano demoralizzazione e fatalismo».
Conclude il Papa: «Tutti, laici, religiosi, religiose, sacerdoti, vescovi, tutti, tutti, non abbiate paura, gettate le reti. Non vivete accusando: “questo è peccato, questo non è peccato”. Vengano tutti, poi parliamo, ma che sentano prima l’invito di Gesù e poi viene il pentimento, dopo viene la vicinanza di Gesù. Per favore, non fate diventare la Chiesa una dogana: qua si entra, i giusti, quelli che sono a posto, quelli che sono sposati bene, e là fuori tutti gli altri. No. La Chiesa non è questo. Giusti e peccatori, buoni e cattivi, tutti, tutti, tutti. E poi, che il Signore ci aiuti a risolvere la questione. Ma tutti».