La vocazione di un vero trascinatore.
Prima di dire che don Alberione è imprenditore di Dio, bisogna che si specifichi chi è, qual è la figura dell’imprenditore.
L’imprenditore è uno che trascina; il manager o il dirigente è uno che spinge […].
In secondo luogo, l’imprenditore è un soggetto che ha una visione, una visione del futuro; in questo senso l’imprenditore è guidato nel suo giro da una bussola; il manager è guidato da una mappa. […] Il manager ha bisogno di una mappa cioè di un qualcosa che gli dica: c’è da fare questo, questo, questo, poi lui cercherà di farlo nel modo migliore; in modo, come si dice in economia, più efficiente ed è importante che sia chiaro. L’imprenditore, invece, ha una bussola. Cosa fa la bussola? La bussola ti dà l’orientamento. […] Avere una bussola vuol dire avere un riferimento di valore che non necessariamente il manager deve avere. Se ce l’ha, meglio ancora, però non è necessario.
Terzo: l’imprenditore è uno che decide; il manager è uno che sceglie. […] E qual è la differenza? Che decidere è l’operazione di chi deve selezionare una opzione tra quelle disponibili di cui, però, non conosce le caratteristiche, soprattutto non conosce dove si arriverà, quale sarà il punto di arrivo. Un problema, invece, di scelta è quando il soggetto deve selezionare un’opzione tra una pluralità di alternative, di cui però più o meno conosce il bene e il male, il pro e il contro e così via… Quindi il manager è uno che sceglie, risolve problemi di scelta e per far questo si avvale del criterio di razionalità. […] Per decidere, la razionalità non serve, perché il decisore (decidere viene dal latino che vuol dire tagliare, recidere…) non sa quello che succederà una volta che ha compiuto la decisione. L’immagine che sovviene è quella dell’esploratore che cammina: a un certo punto si trova di fronte a un bivio, deve decidere se prendere la via di destra o di sinistra, ma non conosce dove i due sentieri lo porteranno.
Capite la differenza? Ebbene l’imprenditore è uno che decide. Quando si dice: ma io voglio sapere… vuol dire che quello non ha l’anima dell’imprenditore; potrà al massimo essere un bravo manager, dato che il manager vuole sapere dove bisogna arrivare. L’imprenditore, invece, è guidato da quello che in greco Aristotele chiamava la phronesis, che vuol dire la saggezza. Mentre per scegliere ci vuole la razionalità e basta, per decidere ci vuole la saggezza e voi sapete che si può essere intelligentissimi ma non saggi.
Oggi il mondo è pieno di persone intelligenti, ma poco sagge, quindi non si decide […] Abbiamo delle ottime persone che sanno scegliere, sanno risolvere problemi di scelta, ma non sono capaci di decidere, perché per decidere ci vuole saggezza e quindi coraggio. Coraggio è parola che rinvia al cuore, per decidere ci vuole il cuore; per scegliere ci vuole la testa. […].
Alberione è stato un imprenditore perché era guidato da una visione ed era capace di trascinare, – e come è stato capace di trascinare! -, la sua Famiglia paolina si è diffusa in tante parti del mondo. E se uno legge Apostolato stampa, pubblicato nel 1933, c’è un po’ il manifesto, l’idea teologica di don Alberione tesa a dare un senso a tutta la sua opera […].
Questa è la vocazione nobile dell’imprenditore: deve essere un trascinatore, uno che trascina altre componenti della società per avviare progetti o processi di trasformazione. […] Egli è stato un imprenditore civile, cioè un imprenditore che ha concepito come sua missione quella di non accontentarsi di quanto era acquisito e, soprattutto, di operare per, oggi diremmo, prosperità inclusiva; prosperità inclusiva vuol dire una prosperità per tutti, non solo per alcuni e, soprattutto, una prosperità che ricrei l’alleanza tra l’uomo e la natura e su questo la Laudato si’ ci ha dato, come dire, il là definitivo.
* Estratto dalla relazione su “Giacomo Alberione imprenditore di Dio” del prof. Stefano Zamagni. PalaAlba, domenica 28 novembre 2021 (cfr “Gazzetta d’Alba” martedì 18 gennaio 2022 e al seguente indirizzo web:
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