La storia di un sogno che si è realizzato.
Ad Alba, di fronte a un secolo che nasce orgoglioso dello sviluppo, nel tempo della belle époque, Alberione concepisce un sogno che è all’origine di tanti altri sogni: usare i mezzi moderni e secolari, perché il loro uso non secolarizza il messaggio cristiano, ma lo moltiplica. […]
Alberione, per realizzare quella missione, sogna e crea un movimento di uomini e donne che si dedichino totalmente a essa. Scrive: “La necessità di una nuova schiera d’apostoli gli si fissarono così nella mente e nel cuore, che poi ne dominarono sempre i pensieri, la preghiera, il lavoro interiore, le aspirazioni. Si sentì obbligato a servire la Chiesa, gli uomini del nuovo secolo e operare con altri… Da allora questi pensieri dominarono lo studio, la preghiera, tutta la formazione: e l’idea, prima molto confusa, si chiariva e con il passare degli anni divenne anche concreta”.
Qui c’è la dimensione del fondatore di comunità che si sviluppa sino alla morte nel 1971, con la creazione di vari rami della frondosa Famiglia paolina […] Il fondatore non è solo all’inizio della Società San Paolo, ma delle Figlie di San Paolo, delle Pie Discepole, delle Pastorelle, delle Suore Apostoline, degli Istituti secolari aggregati, dei cooperatori laici. […]
Su tutto domina il sogno: entrare in uno spazio, in larga parte precluso alla Chiesa. È allora un formatore degli operai del sogno, cui parla continuamente e comunica spiritualità ed entusiasmo. È un missionario e un imprenditore: così si getta nel mercato del tempo, della vita, delle scelte della gente. […]
Alberione ha un’intuizione semplice e basilare: portare il Vangelo a tutti. Scrive: “In quel tempo si leggeva raramente e solo da qualche persona il Vangelo, come poco si frequentava la Comunione. Vi era anche una specie di persuasione, che non si potesse dare al popolo il Vangelo, tanto meno la Bibbia. La lettura del Vangelo era una quasi esclusività degli acattolici”. Invece il Vangelo doveva andare a tutti e nelle case. […]
La modernità di questo imprenditore di Dio sta nel comprendere come, nel mondo contemporaneo, non bisogna aver paura di fare cose grandi. E tali cose sono possibili con l’organizzazione. Tecnologia, organizzazione, spirito d’impresa, entusiasmo evangelico formano un impasto umano da cui nasce l’opera di Alberione. Nel 1951, il fondatore afferma che “la Parola non è prigioniera”, come insegna san Paolo, “il progresso umano fornisce i mezzi sempre più perfetti ed efficaci”. […]
Il problema è “essere san Paolo vivo oggi”: può sembrare un’ambizione smisurata, voler incarnare ed eguagliare l’apostolo delle genti, che lascia il segno in parte così rilevante del Nuovo Testamento, che opera un passaggio decisivo del cristianesimo dal mondo ebraico alle genti. È l’ambizione personale e, soprattutto collettiva (per la sua famiglia religiosa) che don Alberione nutre con decisione. Tra piccole ambizioni e molte paure del mondo ecclesiastico, spicca questo gran disegno apostolico, imprenditoriale, culturale e umano, missionario soprattutto, con la tenacia di lottare per realizzarlo e per organizzare un mondo di collaboratori con strumenti moderni. […]
La storia di questo imprenditore di Dio, in un tempo di grandi paure come il nostro e di piccole ambizioni, sia nella società come nella Chiesa, mi pare richiami al valore creatore e mobilitatore del sogno: un sogno non di grandezza, quanto di passione per il Vangelo e per quello che egli continua a chiamare il popolo e che vuole sia davvero un popolo grande.
* Estratto dalla relazione su “Giacomo Alberione imprenditore di Dio” del prof. Andrea Riccardi. PalaAlba, venerdì 26 novembre 2021 (cfr “Gazzetta d’Alba” martedì 11 gennaio 2022 e al seguente indirizzo web:
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