DON GIACOMO ALBERIONE [8]: essere sale, luce, città sul monte
L’immagine della “parrocchia”, utilizzata da don Alberione nel 1960, è quella che descrive meglio la sua idea. Ma la allarga, in estensione, a tutto il mondo. Il mondo è cambiato – diceva -, la gente non può più stare troppo tempo in chiesa, bisogna portare il messaggio evangelico in casa. La nostra parrocchia è il mondo.
E come la parrocchia territoriale è interamente dedita alla pastorale intesa come evangelizzazione di tutti gli abitanti e non solo dei fedeli praticanti, così il compito della Famiglia Paolina è quella di far giungere il Vangelo a tutti i popoli. A tale scopo sono necessari gli strumenti della comunicazione. Perché agli uomini di oggi si parla con i mezzi di oggi.
“La stampa, il cinematografo, la radio, la televisione costituiscono oggi le più urgenti, le più rapide e le più efficaci opere dell’apostolato cattolico. Può essere che i tempi ci riservino altri mezzi migliori. Ma al presente che il cuore dell’apostolo non possa desiderare di meglio per donare Dio alle anime e le anime a Dio” (Ut perfectus sit,I, 313). Certamente oggi aggiungerebbe la rete internet e i prodotti crossmediali e transmediali.
“Quando questi mezzi di progresso servono all’evangelizzazione, ricevono una consacrazione, sono elevati massima dignità. L’ufficio dello scrittore, il locale tecnica, la libreria divengono chiesa e pulpito. Chi vi opera, assurge alla dignità dell’apostolo” (Ut perfectus sit,I, 316).
“La macchina, il microfono, lo schermo, sono il nostro pulpito; la tipografia, la sala di produzione, di proiezione, di trasmissione sono la nostra chiesa” (Carissimi in San Paolo, 832).
Inoltre, come la pastorale parrocchiale richiede e motiva la presenza di un’organizzazione delle varie mansioni, così la pastorale paolina esige un’organizzazione di forze e attività per “dare Dio agli uomini e dare gli uomini a Dio” ed esercitare un autentico “ministero” efficace, non solo “opere buone”.
Tuttavia “non importa che si adoperi un mezzo o un altro. Importa che vi siano cuori ardenti che vogliono riversare tutta la loro pienezza nel cuore degli uomini” (Alle Figlie di San Paolo, 1947, p417).
Don Alberione precisa l’identità della Famiglia Paolina, facendo proprie le affermazioni di Gesù: “Voi siete sale, voi siete luce, voi siete città posta sul monte rispetto al mondo. È il pensiero del Divino Maestro” (Abundantes divitiae, 87).
Prima di tutto: “Voi siete”. Gesù non dice “Voi siete come il sale” o “Voi siete come la luce”, ma “siete sale; siete luce”. Evidenzia così la nuova condizione esistenziale, che scaturisce dalla fede nel Cristo e in cui il credente è collocato; e delinea il senso della loro missione nel mondo.
Il sale, oltre alla sua capacità di dare gusto ai cibi, permetteva la conservazione degli alimenti. Per questa sua proprietà, per dire che un documento era valido e duraturo, il notaio dell’epoca lo spargeva di sale. Nell’Antico Testamento, quando si parla di alleanza perenne, si dice “alleanza di sale”. Perciò, dire “voi siete sale” implica che la nostra vita e il nostro annuncio devono rendere attuale e valido nel tempo l’alleanza di Dio con l’umanità.
L’immagine della luce completa quella del sale. La Torah e il Tempio, Gerusalemme erano luce per il mondo, perché lì si manifestava la gloria di Dio. Ora, questo compito di risplendere Gesù lo applica ai discepoli. Dice Gesù: quando si accende una lampada per illuminare la casa, non la si mette sotto un recipiente, ma la si pone su di un candeliere, perché possa dare luce a tutti quelli che sono nella casa. Questo è il compito dei discepoli che, mettendo in pratica Vangelo, possano rendere luminosa la vita degli altri. Tutti. Nessuno escluso. Come una lampada che si mette sul lampadario dà a tutti quelli che stanno nella casa beneficio, ugualmente la comunità dei discepoli deve offrire la luce a tutti, indistintamente.
Infine, l’immagine della città. Non si può nascondere una città che è sopra un monte, tutti la vedono e, con il suo splendore, irradiare una luce che attiri la voglia di altri per conoscerla. Questo è il compito dei discepoli: non rimanere nascosti, o non essere chiusi in se stessi. Il messaggio del Vangelo deve essere una proposta che tutti possano percepire, come si contempla una città collocata sopra un monte e ci attira per la sua bellezza.
In quanto sale, luce, città posta sul monte la Famiglia Paolina ha il compito di rendersi visibile in mezzo agli uomini, testimoniando e annunciando la Parola.
Un percorso attraverso i pannelli che raccontano la sua storia, presenti nel corridoio antistante la sottocripta della Basilica Regina degli Apostoli