Don Alberione era uomo di preghiera. Trascorreva in chiesa dalle tre alle cinque ore ogni giorno, fin quando poté sempre in ginocchio, se ne stava immobile, come una statua. Chi lo vedeva capiva che da quegli interminabili colloqui con Dio scaturivano la vera forza e la sicurezza che diffondeva.
Tutta la sua esistenza fu una trama intessuta di azione apostolica e di preghiera. Nel prolungato contatto con Dio nella preghiera, capace di raggiungere le vette della contemplazione, attingeva la luce e la forza per le iniziative da intraprendere. Un cuore che prega ha trovato Dio, crede in lui, lo annuncia.
Diceva: “Abbandonando la preghiera tutto l’edificio spirituale cade e rimane un cumulo di rovine, un bel castello, ma diroccato” (Ut Perfectus Sit, II, 12).
La giornata di don Alberione iniziava abitualmente con la celebrazione eucaristica alle ore 4,30, a cui seguivano tre ore di orazione prima del lavoro mattutino, e si concludeva, la sera, con la preghiera di Compieta, dopo aver santificato l’inizio del lavoro pomeridiano con un’ora di adorazione nella Visita eucaristica.
Coloro che gli furono vicini in vita, ricordano la sua figura minuta e raccolta, su un banco della cappella davanti al Tabernacolo, occhi fissi sul SS. Sacramento, o chino su se stesso con la corona del Rosario in mano, o intento alla recita dell’Ufficio divino: vera icona di orante, che non ha bisogno di aggiungere parole per invitare alla preghiera.
Scriveva così ai Paolini (San Paolo, 20 agosto 1937): «La preghiera per l’uomo, il cristiano, il religioso, il Sacerdote è il primo e massimo dovere. Nessun contributo maggiore possiamo dare alla Congregazione della preghiera; nessuna opera più utile per noi della preghiera; nessun lavoro più proficuo per la Chiesa in un sacerdote della preghiera. L’orazione perciò prima di tutto, soprattutto, vita di tutto.
Può venire la tentazione: ho molto, troppo lavoro: ma il primo lavoro per te, il massimo mandato per un Sacerdote, il principale apporto alla Congregazione è la preghiera.
Con illusione qualcuno forse cercherà di scusare la mancanza di orazione dicendo che è molto occupato. Ma è proprio questa la vera ragione? Oppure si trova soverchio il lavoro perché non precede la preghiera, per la quale facilmente si sbrigherebbero le altre occupazioni?
Occupazioni? Ma la Chiesa, la Congregazione, l’anima nostra ci chiedono la preghiera, poi il rimanente in quanto possibile.
Occupazioni? Sì, ma non urgono in generale le altre, se non dopo questa.
Occupazioni? Prima Dio, poi gli uomini.
Occupazioni? Ma la vita delle altre opere è la grazia, perciò senza la preghiera faremmo opere morte. […]
Non ha diritto di comandare chi prima non ossequia Dio; non può consigliare o predicare chi non riceve la luce da Dio; non educa in quanto sta a lui alla vita soprannaturale chi non la vive veramente. […]
Per ogni opera assicuriamo un bel contributo di preghiera; la preghiera è onnipotente: «Qualunque cosa domanderete ve la darà». […]
Nelle Case, quindi, il principio fondamentale: Tutto sia fondato sullo spirito di preghiera […]. Al mattino, prima di dare alle anime, prendiamo per noi e per loro da Dio…».
Un percorso attraverso i pannelli che raccontano la sua storia, presenti nel corridoio antistante la sottocripta della Basilica Regina degli Apostoli
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