Farsi “prossimo” nei social media [11]
Il 28 maggio 2023, il Dicastero vaticano per la Comunicazione ha pubblicato una Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media, dal titolo Verso una piena presenza. Attraverso una serie di post, mettiamo in evidenza gli aspetti più peculiari. Ecco il post conclusivo, [11] relativo ai nn. 77-82.
«La nostra presenza nei social media di solito si concentra sulla diffusione delle informazioni. In questa ottica, la presentazione di idee, insegnamenti, pensieri, riflessioni spirituali e altro ancora sui social media deve essere fedele alla tradizione cristiana. Ma questo non basta. Oltre alla nostra capacità di raggiungere gli altri con contenuti religiosi interessanti, noi cristiani dovremmo essere conosciuti per la nostra disponibilità ad ascoltare, a discernere prima di agire, a trattare tutte le persone con rispetto… In altre parole, tutto ciò che facciamo, nelle parole e nei fatti, deve recare il segno della testimonianza. Non siamo presenti nei social media per “vendere un prodotto”. Non si tratta di fare pubblicità, ma di comunicare la vita, quella che ci è stata donata in Cristo. Per questo ogni cristiano deve stare attento a non fare proselitismo, ma a dare testimonianza.
Che cosa significa essere un testimone? La parola greca per testimone è “martire” e si può dire che alcuni dei più autorevoli “influencer cristiani” sono stati martiri. […] Se il martirio è il segno ultimo della testimonianza cristiana, ogni cristiano è chiamato a sacrificarsi: la vita cristiana è una vocazione che consuma la nostra stessa esistenza offrendo noi stessi, anima e corpo, per diventare uno spazio di comunicazione dell’amore di Dio, un segno che indica il Figlio di Dio. […] Come il Precursore, che esortò i suoi discepoli a seguire Cristo, anche noi non cerchiamo “follower” per noi stessi, ma per Cristo».
«Seguendo le orme di Gesù, dobbiamo considerare prioritario riservare uno spazio sufficiente per il dialogo personale con il Padre e per restare in sintonia con lo Spirito Santo, che ci ricorderà sempre che tutto è stato ribaltato sulla Croce. Non c’erano “like” e quasi nessun “follower” nel momento della più grande manifestazione della gloria di Dio! Ogni parametro umano del “successo” viene relativizzato dalla logica del Vangelo».
«Questa è la nostra testimonianza: attestare con le nostre parole e la nostra vita ciò che un altro ha fatto. In questo senso, e solo in questo, possiamo essere testimoni – e perfino missionari – di Cristo e del suo Spirito. Questo include anche la nostra presenza sui social media».
E «Seguendo la logica del Vangelo, tutto ciò che dobbiamo fare è suscitare una domanda, risvegliare la ricerca. Il resto è l’opera misteriosa di Dio».
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Come conclusione, il documento fa una sintesi di tutto il percorso fatto.
«Come abbiamo visto, percorriamo le “strade digitali” al fianco di amici e di perfetti estranei, cercando di evitare le molte insidie lungo la via, e ci scopriamo consapevoli dei feriti sul ciglio della strada. A volte questi feriti possono essere gli altri. Altre volte questi feriti possiamo essere noi.
Quando ciò accade, ci fermiamo, e attraverso la vita che abbiamo ricevuto nei sacramenti, che è all’opera in noi, questa consapevolezza diventa incontro: da personaggi o immagini su uno schermo, l’uomo ferito assume i contorni di chi ci è prossimo, un fratello o una sorella, e, di fatto, del Signore, che ha detto “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi […] più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). E se a volte a essere feriti siamo anche noi, il Samaritano che si china su di noi con compassione ha il volto del Signore, che si è fatto nostro prossimo, chinandosi sull’umanità sofferente per curare le nostre ferite. In entrambi i casi, ciò che forse è iniziato come un incontro casuale o una presenza distratta sulle piattaforme social si trasforma in persone presenti le une alle altre, in un incontro ricolmo di misericordia. Questa misericordia ci consente di avere un assaggio, già adesso, del Regno di Dio e della comunione che ha le sue origini nella Santissima Trinità: la vera “terra promessa”».