Qualche settimana fa, Barbara Zanon, apprezzata fotografa veneziana, ha postato su Facebook le foto di un suo reportage sulla guerra in Ucraina. Barbara Zanon pubblica sui maggiori magazine italiani ed esteri e collabora con le più importanti agenzie fotogiornalistiche. È membro dell’esclusiva associazione americana WPJA e dell’AG/WPJA. Numerosi i premi e riconoscimenti ricevuti a livello internazionale.
Sul suo sito Facebook ha dunque postato 11 foto sulla realtà in Ucraina. Sono immagini che ormai siamo abituati a vedere sia nei giornali che nei telegiornali. Ma queste foto hanno un qualcosa di estremamente particolare. Ed è la stessa Zanon a scriverne nel suo canale Facebook.
Intanto proviamo a dare uno sguardo alle immagini. In apertura [1] abbiamo Ciò che rimane dopo una notte di bombardamenti: macerie, palazzi sventrati, desolazione, e il sole che sorge, nel suo pallore, rende ancora più spettrale la vista.
Non sono da meno le altre immagini. In senso orario, abbiamo: [2] Kiev dopo un bombardamento: anche qui, accanto a edifici rimasti illesi, abbiamo macerie e luci spettrali. [3] Una piazza bombardata: l’effetto delle bombe è evidente. [4] Strade bombardate: impressiona la devastazione. [5] Un funerale pubblico delle vittime di guerra: bare allineate e una piccola folla radunata dalla comune sofferenza e tragedia. [6] Malgrado gli edifici siano pericolanti, chi ci viveva ci tiene a mostrare quello che ha perso: il ricordo e gli affetti fanno da contrasto a ciò che rimane, macerie e distruzione.
Ciò che colpisce in questi scatti, è che le immagini non sono “gridate”. Il grido di dolore per la morte, la terra distrutta, la devastazione, è come compresso nel “silenzio”. Non c’è niente da dire, niente da aggiungere.
Proseguendo con le immagini del reportage, abbiamo, sempre in senso orario: [7] Un anziano nel suo vecchio salotto bombardato: muto e immobile nella disgrazia, con tanti ricordi, dolore, rassegnazione, domande inespresse. [8] Una donna prega sul luogo dove qualche giorno prima molti civili sono stati uccisi: dei fiori, una preghiera, piccoli gesti di pietà in un dramma che coinvolge tutti. [9] Un soldato piange dopo aver sentito al telefono la sua famiglia: è l’emozione che prorompe nel sentirsi ancora vivi in una terra dove la morte signoreggia. [10] Malgrado gli edifici siano pericolanti, chi ci viveva ci tiene a mostrare quello che ha perso e quello che ancora gli rimane: l’elemento di vita, dato dall’animale, contrasta con la distruzione tutto intorno, ed emerge il legame affettivo. [11] Un civile all’interno di una tendopoli improvvisata: è come se chiedesse: “perché?”.
Al di là del contenuto e dell’emozione che possono suscitare, queste foto – abbiamo detto all’inizio – hanno qualcosa di estremamente particolare. Ed ecco la sorpresa: sono infatti immagini che non riprendono una realtà fisica. Non sono fotografie di una realtà. Ne parla la stessa fotografa, qui e qui.
Il reportage è esistito unicamente nella sua fantasia e ha preso forma al computer in meno di due ore con la piattaforma Midjourney (giunto alla potentissima versione 5, ma già si profila all’orizzonte la versione 6).
Scrive Barbara Zanon: “L’ho pubblicato perché volevo che le persone capissero quanto possiamo essere manipolati e aprire un dibattito urgente sulle potenzialità e i limiti dell’AI (intelligenza artificiale)”.
“Ho creato un reportage sulla guerra ucraina apposta. Sia perché ha un contenuto emotivo e arriva, sia perché sono foto di guerra che bene o male TUTTI hanno imparato a vedere e riconoscere. Ho lavorato per avere 11 immagini coerenti visivamente e costruite come un reportage vero e proprio. Così da creare un contenuto destabilizzante per chi guarda. Perché non se lo aspetta minimamente”.
Infatti, “sono immagini inventate completamente. Io descrivo le fotografie all’intelligenza artificiale, le dico il tipo di mood da dare, la lente con cui immagino di scattare quelle foto, le dico che tipo di luce voglio, descrivo la scena e l’AI mi crea una serie di immagini tra le quali scegliere. Se mi vanno bene, bene, altrimenti posso modificare la mia richiesta e vedere se si crea qualcosa di più attinente”.
“Ho utilizzato appositamente uno scenario di guerra entrato negli ultimi mesi nell’immaginario collettivo in modo che le persone potessero credere che si trattava di un vero viaggio”. “Il mio intento era quello di mostrare alle persone quanto l’intelligenza artificiale possa ingannarci e quanto sia necessario imparare a leggere immagini e fotografie e capirne la differenza”.
“Noi verremo inondati da immagini indistinguibili da qualsiasi fotografia reale. I giornali ne utilizzeranno alcune, a volte consapevoli, a volte inconsapevoli. I social verranno invasi da fake news comprovate da immagini. Gireranno foto di reati mai commessi, di gesti mai fatti. E mancando a tutti la cultura fotografica, distinguere il reale dal non reale sarà difficile, se non impossibile”.
E precisa: “Io ho scritto che era frutto dell’AI perché mi do dei limiti etici, ma se qualcuno non lo facesse? Per questo ribadisco che è necessario iniziare a insegnare come leggere una fotografia già a scuola dando gli strumenti al cittadino per comprendere una società in continuo cambiamento”.
L’intelligenza artificiale apre dunque un quesito: che cos’è reale o che cosa rende reale un’immagine?
La cosa interessante è che, qualche giorno dopo, alcuni utenti segnalano che un quotidiano nazionale ha usato una di queste foto per parlare del vero conflitto in Ucraina. È, commenta la Zanon, “l’esempio perfetto di cosa potrà accadere – temo sempre più spesso – con le immagini generate con AI. Verranno scambiate per immagini vere e verranno usate al posto delle foto per ILLUSTRARE qualcosa”.
Le immagini, create con intelligenze artificiali generative, sono dunque false quanto a riproduzione di una realtà, ma sono oltremodo realistiche da ingannare chi le guarda. Il rischio è che possono anche essere abilmente utilizzate per manipolare e orientare l’opinione pubblica.
Le fake news non sono una novità. Ma oggi, chi vuole costruire un’immagine o una notizia, ha la possibilità di usare strumenti potenti, facili da usare e accessibili a chiunque.
Cosa fare? Imparare a “leggere” con sempre maggiore competenza, ma soprattutto avendo la conoscenza e la consapevolezza di come funziona la comunicazione attraverso una foto, un articolo, un reportage, un filmato… Ne abbiamo già parlato qui (vedi)
Ricevendo una comunicazione, di qualunque tipo essa sia, a quale realtà abbiamo accesso? In genere siamo spinti a identificare il messaggio ricevuto (ciò che vediamo in immagini o leggiamo o ascoltiamo) con la realtà fisica, materiale. Ma non è così. L’unica realtà a cui abbiamo accesso è l’idea che ci vuole comunicare colui o colei che ci sta fornendo una comunicazione. La “sua” idea. E l’intelligenza artificiale oggi è uno strumento potentissimo in mano a chi gestisce la comunicazione. Perciò, non bisogna lasciarsi travolgere o coinvolgere, senza il nostro esplicito consenso. Ecco perché è fondamentale sapere che il messaggio ricevuto è unicamente un’idea. Del suo autore. Questa è la sua realtà. Che può corrispondere del tutto, in parte o per niente con ciò che avviene nel mondo reale; o presentare, inventandoli, eventi mai esistiti, come ad esempio le foto – false – del movimentato arresto dell’ex presidente Trump, create come esperimento da Eliot Higgins e subito diventate virali.
Walter Lobina