Farsi “prossimo” nei social media [4]

Il 28 maggio 2023, il Dicastero vaticano per la Comunicazione ha pubblicato una Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media, dal titolo Verso una piena presenza. Attraverso una serie di post, mettiamo in evidenza gli aspetti più peculiari. Ecco il post [4], relativo ai nn. 18-24.

Il documento, dopo aver considerato le opportunità ed essersi soffermato sulle insidie possibili, sottolinea l’importanza del tessere relazioni umane.

«Per umanizzare gli ambienti digitali, non dobbiamo dimenticare quanti sono “lasciati indietro”. Possiamo vedere cosa sta succedendo solo se guardiamo dalla prospettiva dell’uomo ferito della parabola del Buon Samaritano».

Infatti, «in un’epoca in cui siamo sempre più divisi, in cui ognuno si ritira nella propria bolla, i social media stanno diventando un sentiero che conduce molti all’indifferenza, alla polarizzazione e all’estremismo».

«Pertanto, è sempre più urgente la necessità di utilizzare le piattaforme social in modo da andare oltre i propri silos, uscendo dal gruppo dei propri “simili” per incontrare gli altri. Accogliere l’“altro”, cioè qualcuno che assume posizioni opposte alle mie o che sembra “diverso”, non è certo un compito semplice. “Perché dovrebbe interessarmi?”, potrebbe essere la nostra prima reazione. […]. Sembra quasi che vogliamo trovare una giustificazione per la nostra indifferenza; cerchiamo sempre di tracciare una linea tra “noi” e “loro”, tra “qualcuno che devo trattare con rispetto” e “qualcuno che posso ignorare”. In questo modo, quasi impercettibilmente, diventiamo incapaci di provare compassione per gli altri, come se le loro sofferenze fossero una loro responsabilità e non ci riguardassero».

«La parabola del buon Samaritano, invece, ci sfida a confrontarci con la “cultura dello scarto” digitale e ad aiutarci reciprocamente a uscire dalla nostra zona di comfort, facendo uno sforzo volontario per andare incontro all’altro. […] Solo così possiamo – e dobbiamo – essere noi a fare il primo passo nel superare l’indifferenza, perché crediamo in un “Dio che non è indifferente”. […] Possiamo e dobbiamo essere noi a passare da una concezione dei media digitali come esperienza individuale a una fondata sull’incontro reciproco che favorisce la costruzione della comunità».

Ed ecco il suggerimento: «Ognuno può contribuire a realizzare questo cambiamento […]. Come credenti, siamo chiamati a essere comunicatori che si orientano intenzionalmente verso l’incontro».