La preghiera: dialogo con Dio
«La preghiera: varietà di parole, espressioni, posture e silenzi con cui noi e Dio restiamo in un dialogo d’amore. La preghiera non è difficile e impossibile e non richiede doti particolari; è il mezzo con cui impariamo a conoscere e a lodare il nostro Creatore». È quanto afferma Roberto Pasolini, frate minore cappuccino, biblista e docente di Sacra Scrittura, nel suo libro Iniziazione alla preghiera, edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2024.
Nella storia, i migliori oranti, con la preghiera hanno saputo riconoscere e seguire le tracce di Dio. La preghiera è un luogo privilegiato dove siamo noi stessi. Ci serve per riconoscere ed esplicitare le domande più autentiche che riposano in noi. Si prega per riconoscere l’amore di Dio, per riconoscerci amati da lui.
La preghiera è l’unica cosa di cui c’è veramente bisogno, un’esperienza assolutamente gratuita, la parte più bella della vita da cui nessuno ci può separare. Scrive l’autore: «Qual è il fine ultimo della preghiera? La grande risposta della tradizione spirituale, non solo cristiana, è una sola: contemplare il volto di Dio. Non si tratta solo di “sbirciare” qualcosa dell’Eterno già in questo mondo, ma di approdare a una conoscenza del suo mistero dopo averne maturato una certa esperienza nel corso della vita. […] Pregare fino a vedere Dio significa avere la forza di alzarsi e camminare, nella fiducia che sia sempre possibile ricominciare a vivere a partire da quello che siamo stati e da quello che ci troviamo a essere».
«Non resta allora che provare, chiedere, imparare l’arte della preghiera con tutto il desiderio e la disciplina di cui siamo capaci. Gettarsi nel fiume di quanti, prima di noi, hanno provato a passare da questo mondo al Padre, cercando pietà e luce in quel cielo che – il nostro cuore lo sa – non può che essere il nostro ultimo destino».
Le pagine di questo libro, con numerose esemplificazioni tratte dalla Bibbia, vogliono essere un umile e utile strumento di iniziazione a un’arte di cui oggi si è dimenticato l’uso e di cui si sente una grande mancanza.
«La preghiera, proprio perché accompagna il cristiano per tutta la vita, dall’infanzia alla morte, cambia forma, anzi implica dei mutamenti a seconda delle età. Ma ciò che è determinante è che non venga mai meno, che non ci si stanchi di pregare, che si preghi sempre e in ogni situazione. Può darsi che il Signore ci faccia la grazia di diventare vecchi e di arrivare a un’intensità spirituale in cui sembra di non pregare più ma che le nostre persone stesse siano diventate preghiera, come avvenne a san Francesco d’Assisi. In ogni caso, che si sia piccoli o anziani, dotti o semplici, per pregare basta semplicemente dire a Dio: “Abba! Papà caro!”. E al Figlio: “Gesù Signore, vieni!”. Basta questo per dire che lo Spirito prega in noi e che in noi per grazia c’è l’arte della preghiera». Ne parla Enzo Bianchi, monaco e saggista, fondatore della Comunità di Bose e di Casa della Madia, nel suo libroL’arte della preghiera. Edizioni San Paolo 2024. Una guida all’arte della preghiera seguendo l’itinerario offerto dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’invito dell’autore è di «confidare nella promessa del Cristo risorto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20), e di credere che lo Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede sempre per noi (cfr Romani 8,26-27). Se c’è questa cosicenza della presenza in noi del Dio Uno e tre volte Santo, allora la preghiera giorno dopo giorno tende a farsi vita, a permeare l’intera esistenza del credente, che può cantare con il Salmista: “Io sono preghiera” (Salmo 109,4). Egli non fa più semplicemente preghiere ma tutta la sua persona diventa preghiera, come si è potuto scrivere di Francesco d’Assisi: “Non pregava più, era ormai diventato preghiera”».