Il pane, il vino e la bellezza
L’immagine della vita conviviale, della tavola, del brindisi, possono diventare un luogo di incontro dove anche la fede possa tornare a dirsi a tutti, veramente a tutti, in una maniera comprensibile, ai vicini e ai lontani, a coloro che vivono la compagine ecclesiale e a coloro che la incrociano nelle loro vite spesso “ai margini” di questa stessa Chiesa. Un altro elemento è quello della bellezza. L’uomo d’oggi è sensibile al tema della bellezza e Dio, non a caso, ci viene incontro nello splendore del suo amore. Ecco dunque che tavola e bellezza diventano due alleate nel ricondurre l’uomo verso l’uomo, affinché questo incontro possa mostrare l’incontro decisivo, quello con il Dio che ci ha fatti fratelli nella fatica e nella gioia.
Di tutto questo è convinto Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, che ci fa dono di tante sue esperienze attraverso le pagine del suo ultimo libro, Il pane, il vino e la bellezza (Edizioni San Paolo 2023, pp. 254), dove il sedersi a tavola si incrocia con la ricerca dell’altro che ci sta accanto e di quell’Altro così unico che è Dio stesso.
Cristo ci ha insegnato nella sua vita terrena che la tavola poteva e può essere l’occasione dello scambio, dell’incontro, dell’ascolto: questa esperienza, Derio Olivero la rende comprensibile e possibile per il nostro tempo. Ecco un esempio.
«Il cristianesimo è “una bella notizia” sulla vita. Ma oggi rischia di essere una “notizia irrilevante”. Abbiamo ridotto il cristianesimo a fredda e astratta dottrina, a inconsistente spiritualismo, a rigida etica. E abbiamo dimenticato la sua forza vitale, la sua dirompente speranza. Le nostre parole cristiane si sono “usurate”. Abbiamo bisogno di parole nuove, che osino dire il cristianesimo nella vita quotidiana. Dobbiamo riscoprire la “portata umana” della fede cristiana». È sufficiente riprendere, e riscoprire, alcune parole del nostro stare a tavola. “Gratitudine”: quando ci sediamo a tavola, troviamo il cibo e, se ci pensiamo, facciamo l’esperienza del dono. “Relazione”: tutti amiamo mangiare in compagnia. La tavola è il luogo migliore per vivere l’incontro con l’altro. E poi, ancora: “Appartenenza”, “Condivisione”, “Desiderio”, “Gusto”, “Festa”, fino ad arrivare a “Perdono”, “Benedizione”, “Eucaristia”. «La tavola ci apre all’Eucaristia e l’Eucaristia fa luce sulla tavola», ci fa comprendere Derio Olivero.
In un altro esempio ci presenta una coppia, lui credente, lei no. «Ecco una perfetta fotografia della nostra società: uomini e donne seri, che cercano un sapore alla vita, faticano nelle scelte fondamentali, sognano un futuro bello, si fanno domande. Mi chiedo: come mai non si ritrovano con la Chiesa? Perché la sentono così lontana? Eppure il cristianesimo dovrebbe essere capace di nutrire e sostenere la ricerca. Che succede, si sta esaurendo? Non ha più acqua per la nostra sete? […] I miei due fidanzati hanno deciso di sposarsi. Un giorno si sono innamorati. Qualcosa li ha spinti fuori di sé, li ha decentrati. Di colpo è entrata un’altra persona nella vita di ciascuno. […] Cercano una strada che li renda felici… Si interrogano sugli strumenti più adatti per percorrere la strada. Sono allergici alla Chiesa, ma intanto parlano con un Vescovo. E, sullo sfondo si sente il sapore buono di una nostalgia di infinito».
Cosa è necessario fare? Il Vescovo Olivero cita Hetty Hillesum che, «internata in un campo di concentramento ci offre un’immagine suggestiva e stimolante: “Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta da pietre e sabbia: allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo”. Ecco una considerazione eccellente: Dio non è scomparso, non è assente: occorre “disseppellirlo”. Disseppellirlo nelle nostre Chiese… Disseppellirlo nei non praticanti… Disseppellirlo nelle altre confessioni e nelle altre religioni… Disseppellirlo nei non credenti… Disseppellirlo nel creato… Disseppellirlo nella storia… Disseppellire Dio significa farlo uscire dalla tomba. Anzi, significa riconoscerlo vivente, adesso, nella vita quotidiana di tutti, nelle vicende piccole e grandi della nostra storia».
Attraverso il susseguirsi dei racconti di vita vissuta, Derio Olivero ci prende per mano, si fa nostro confidente, per farci intravedere la bellezza di Dio che ci ama.