L’esperienza di Mosè davanti al roveto ardente (Esodo 3,1-12) illustra bene l’atteggiamento necessario per accogliere e comprendere la ricchezza del Padre nostro.
Mosè, dopo alterne vicende, da principe d’Egitto si ritrova a essere un pastore che conduce il gregge al pascolo. Un giorno accade un fenomeno che poteva apparire di poco rilievo: un roveto in fiamme, cosa abbastanza comune nelle zone desertiche. Mosè invece nota che quel roveto brucia, e non si consuma. Per accorgersi di questo, gli ha dedicato del tempo. Si avvicina per vedere, per saperne di più. E scopre Dio, che lo chiama per nome: Mosè, Mosè. Questo nome, datogli dalla figlia del Faraone, in egiziano significa “figlio”. Ed è come se Dio gli dicesse: “Figlio, figlio!”. Mostrandosi come Padre accanto al suo figlio.
Dio raggiunge Mosè nel quotidiano. Dio ci viene incontro dovunque ci troviamo e qualsiasi cosa facciamo, in particolare nel deserto della nostra esistenza. Ma bisogna dedicargli del tempo. E scopriremo che c’è Qualcuno che ci chiama per nome, Qualcuno che si interessa di noi.
La risposta di Mosè è pronta, di totale disponibilità: «Eccomi!». Ma succede qualcosa che certo non si aspettava. Avrebbe avuto piacere sentirsi dire: “Grazie che sei venuto!”. E invece: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo».
Mosè si era avvicinato a Dio con amore, ma secondo il suo modo di pensare. E invece deve cambiare il proprio atteggiamento. Davanti a Dio ci si presenta non imponendogli il proprio passo, ma lasciandosi integrare dal passo di Dio: ecco il significato dei sandali da togliere. I sandali, inoltre, ci proteggono dal contatto diretto con il suolo, le spine, i sassi, le asperità. Togliere i propri sandali significa scoprire la propria vulnerabilità, fragilità; significa aderire alla strada, con le sue violenze, i suoi poveri ed esclusi di ogni tipo. Significa scoprire che all’origine dei miei passi c’è Dio.
Non solo. Il temine “sandali” (na’ al) deriva da un verbo ebraico che significa “chiudere”: Mosè dovrà liberarsi da tutte le sue chiusure, da tutto ciò che lo limita.
Nasce qui la missione di Mosè. Liberare il popolo di Israele. La vocazione è quell’impossibile che Dio chiede. Corrisponde a quello che Mosè aveva già da sempre desiderato e che non era riuscito a fare da solo. Adesso l’impossibile diventa possibile perché è storia comune di Dio e Mosè. Ma questo avviene dopo che Mosè si è tolto i sandali dai piedi.
Così è per il Padre nostro. Dio ci parla e ci fa scoprire il suo messaggio e, nello stesso tempo, la missione che ci affida; ma prima è necessario che ci togliamo i nostri “sandali”, che accettiamo di fare “nostra” la visione di Dio.
È utile, perciò, accostarci all’evento del roveto ardente nella vita di Mosè, in modo da avere la migliore chiave di accesso per conoscere, comprendere e vivere il Padre nostro.
[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 7 – continua]
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