Il Padre nostro è senza dubbio la preghiera più spesso recitata del mondo. Ma non è una preghiera qualsiasi: essa è, in primo luogo, la preghiera dei discepoli di Gesù. Nel Vangelo di Matteo è inserito al centro del Discorso della montagna: pur indirizzato alla folla, è rivolto soprattutto ai discepoli; nel Vangelo di Luca i destinatari sono chiaramente i discepoli. Essi mettono da parte i loro desideri, per accogliere il progetto di Dio, ciò che Dio vuole, e si danno da fare perché si realizzi.
È la preghiera più recitata, ma troppo spesso la recitiamo senza renderci conto delle parole che pronunciamo; oppure lo si adopera come conclusione del sacramento della riconciliazione («Per penitenza reciti un Padre nostro…»). Non avveniva così nella Chiesa antica. Erano consapevoli della preziosità del Padre nostro: veniva consegnato solo al termine del periodo del catecumenato e ricevuto il battesimo. A quel punto i neobattezzati potevano recitarlo per la prima volta e con tutta la comunità.
Per tante persone oggi il Padre nostro si è ridotto a un insieme di parole di cui non si conosce il significato né la portata. “Sia santificato il tuo nome”, “Venga il tuo regno”: tutto è diventato indistinto. Sulle labbra di Gesù e per i discepoli, il Padre nostro aveva dei lineamenti chiari, ben precisi.
Gesù invita i suoi discepoli ad avvicinarsi a Dio, a rivolgergli con confidenza alcune richieste: offre una preghiera breve, ma estremamente ricca.
Il Padre nostro è una preghiera molto breve. Per fare un confronto, la preghiera ebraica delle Diciotto benedizioni ha oltre seicento parole, il Padre nostro, in italiano, ne ha solo 56. La sua redazione originale semitica era ancora più breve: 36 parole in ebraico e 32 in aramaico.
Perché la preghiera del Signore è così breve? La risposta ce la dà Matteo, riportando l’affermazione di Gesù prima della consegna del Padre nostro: «Perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Matteo 6,8). Perciò il Padre nostro viene subito al dunque. Qui ci troviamo nell’intimità della famiglia, la nuova famiglia dei discepoli di Gesù. E in una famiglia si parla in maniera diretta, spontanea, autentica.
La preghiera che Gesù affida ai suoi discepoli si presenta come una preghiera di domande e di suppliche: è come un grido lanciato verso Dio, rapidi messaggi che partono all’indirizzo di Dio, perché intervenga.
Dopo quanto affermato da Gesù, chiedere e insistere potrebbe apparire come una mancanza di fede. In realtà, le singole richieste vanno intese come una nostra progressiva scoperta di ciò che il Signore vuole donarci, di una sempre nuova consapevolezza e coinvolgimento nelle parole che gli rivolgiamo.
Dio è il Padre che ha un immenso amore per noi. Ogni incontro sarà unico. L’importante è sentirci interlocutori di una storia di amore che il Signore vuole vivere con noi.
[“Voi dunque pregate così: Padre nostro”, 3 – continua]
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