C’è una cometa che, nella tradizione popolare, è famosa e amata: la cometa di Natale. In ogni presepe, sopra la grotta che ospita Maria, Giuseppe e il Bambino, oppure sull’albero addobbato per la festa, c’è sempre la stella cometa. I Re Magi, racconta la tradizione, seguendola giunsero al luogo dove era Gesù.
L’evangelista Matteo (2,1-12) è l’unico che fa cenno a un possibile fenomeno celeste che avrebbe guidato, più di duemila anni fa, i Magi verso Betlemme.
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”… Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella… Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
In realtà, Matteo non fa cenno a una cometa, ma parla di un oggetto celeste, indicandolo col nome di “stella” (in greco: ὁ ἀστὴρ). Si comincia a parlare di una cometa solo nel 1301, quando Giotto, osservando nel cielo il passaggio della cometa di Halley, la disegnò sulla scena della natività nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Le immagini più antiche, invece, mostrano una stella senza coda: a otto punte, nel mosaico di santa Maria Maggiore a Roma del 433 e in quello di sant’Apollinare Nuovo a Ravenna del VI secolo; a sette raggi, indicata da uno dei Magi, in un sarcofago trovato nelle catacombe di san Giovanni a Siracusa e risalente al IV secolo; a sei punte, indicata da uno dei Magi, nel fronte di un sarcofago del IV secolo, trovato in Vaticano.
Dal Vangelo di Matteo abbiamo però una utile informazione: il fenomeno astronomico osservato dai Magi fu sì importante ma non evidente a chiunque. Diversamente anche Erode ne sarebbe stato a conoscenza e non avrebbe dovuto chiedere informazioni.
Ma chi erano i Magi? Matteo non parla di “re”, né sono definiti così dai Padri della Chiesa più antichi. Presto, però, nella cristianità si cominciò a definirli Re, anche per indicare la loro importanza e, con la loro adorazione, la sottomissione dei potenti della terra al Dio fatto Bambino.
Dei Magi non se ne conosce il numero: la tradizione cristiana ne rappresenta due in un affresco del IV secolo nelle catacombe dei santi Marcellino e Pietro a Roma, tre o quattro in altre rappresentazioni catacombali. Le chiese orientali contano fino a dodici magi. Sui loro nomi, a partire dal VII secolo si parla di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, come riferisce il Venerabile Beda (673-735). I loro presunti resti furono trovati in Persia e portati a Costantinopoli da sant’Elena. Nel V secolo, Eustorgio, recatosi a Costantinopoli prima di insediarsi vescovo a Milano, avrebbe avuto in dono le reliquie dall’imperatore Costante. Nel 1164, durante il saccheggio di Milano da parte di Federico Barbarossa, l’arcivescovo Rainald von Dassel, cancelliere imperiale del re, si impossessò dei corpi dei Magi e li fece trasportare a Colonia, dove tuttora si trovano, custodite in un prezioso reliquiario, oggetto di grande venerazione.
Non erano dunque dei Re, anche se li abbiamo sempre rappresentati come tali. Il termine greco μάγοι (mágoi) indicava i membri della casta sacerdotale persiana e babilonese che si interessavano di astronomia e di astrologia: erano specializzati nell’osservare il cielo per trarne presagi. Da conoscitori della volta celeste, si resero conto che stavano vedendo qualcosa di importante. Ecco perché furono solo loro a vedere “la stella”: come esperti osservatori delle stelle, erano in grado di apprezzarne la particolarità. Diventa allora necessario andare alla ricerca di tutti quei fenomeni rilevanti a livello astronomico, avvenuti in corrispondenza della nascita di Gesù. I progressi odierni della scienza permettono di ricostruire con grande precisione il cielo notturno osservato in quel tempo.
Due date vanno subito prese in considerazione. La prima riguarda la nascita di Gesù, avvenuta in un periodo tra l’anno del censimento voluto da Augusto, il 7 prima dell’era volgare (p.E.V.), che spinge Giuseppe e Maria ad andare a Betlemme, e la morte di Erode, che i Magi avevano incontrato. Lo storico Giuseppe Flavio riferisce che Erode morì in un giorno intermedio tra una eclisse di Luna, visibile a Gerico, avuta nella notte tra il 13 e il 14 marzo del 4 prima p.E.V. e la Pasqua ebraica successiva. Di conseguenza, la nascita di Gesù è avvenuta in una data tra il 7 e il 4 p.E.V.
La seconda data riguarda la stella. Quale fenomeno astronomico può aver attirato l’attenzione dei Magi tra il 7 e il 4 p.E.V.?
L’ipotesi di una cometa, se non altro per ragioni di tradizione, è la prima che si può prendere in considerazione. Ben popolare è stata l’identificazione con la cometa di Halley, le cui evoluzioni sembrano già studiate nel 240 p.E.V. da testi cinesi. Ma il calcolo astronomico del suo passaggio nel cielo di Gerusalemme ha come data il 26 agosto del 12 p.E.V., e cioè qualche anno prima della nascita di Gesù. Oltre a questa, ci sono state altre due comete, registrate dagli astronomi cinesi, che percorsero il cielo nel 5 e nel 4 p.E.V. Le comete, però, per i Persiani e i romani, erano portatrici di disgrazie e sventure, e non di eventi benefici come la nascita di un Messia; tantomeno avrebbero ispirato il lungo e faticoso viaggio di importanti personaggi a rendere omaggio e portare doni a qualcuno.
Un’altra ipotesi sulla stella di Natale venne formulata da Keplero, uno dei padri dell’astronomia moderna. Egli aveva inizialmente identificato quella stella in una supernova quando, nel 1604, fu testimone dell’esplosione di una di esse. Considerando che l’astro divenne per alcune settimane brillante come Venere, egli pensò che potesse essere quello un avvenimento molto simile alla stella di Matteo. Il fatto era stato registrato anche dagli astronomi cinesi, che avevano identificato, tra marzo e aprile del 5 p.E.V., una supernova nella costellazione del Capricorno. I Magi però osservarono il fenomeno per molti mesi, e questo non si adatta con la limitata persistenza di una supernova nelle condizioni di massima luminosità (da pochi giorni a qualche settimana). Inoltre, secondo Matteo, la stella si muoveva, mentre una supernova resta fissa.
Lo stesso Keplero si rese conto di questa difficoltà, così cercò soluzioni alternative. Anche perché fu testimone, nello stesso periodo, di una spettacolare congiunzione tra Giove e Saturno, avvenuta nella costellazione dei Pesci alcuni giorni prima del Natale del 1603. Facendo i conti a ritroso, si rese conto che un simile fenomeno era avvenuto anche nel 7 p.E.V. e poteva benissimo avere avuto un grande significato per i Magi.
Tanto più che era un evento rarissimo. Infatti, nel 7 p.E.V., Giove e Saturno si erano avvicinati fino a circa un grado, non una ma ben tre volte di seguito nella costellazione dei Pesci, rispettivamente dal 29 Maggio all’8 giugno, dal 26 settembre al 6 ottobre, dal 5 al 15 dicembre. Congiunzioni triple tra Giove e Saturno si ripetono ogni 120 anni ma occorrono circa 800 anni perché questo si ripeta nella costellazione dei Pesci. Si ha una conferma di questa congiunzione, avvenuta nel 7 p.E.V., nei papiri egiziani (la tavola di Berlino) e nella tavoletta dell’almanacco astrale mesopotamico trovata tra le rovine dell’antico tempio del Sole, presso la scuola di astrologia di Sippar, a nord di Babilonia, e ora conservata nel Museo statale di Berlino.
Inoltre, c’è un particolare interessante nel racconto di Matteo: la testimonianza della scomparsa e ricomparsa della stella si adatta bene alla triplice congiunzione di Giove e Saturno nei Pesci.
Dobbiamo anche ricordare che, per gli astrologi, secondo lo scrittore rabbinico medievale Isaac Abrabanel, Giove era il pianeta dei Re, la stella del Principe del mondo; Saturno era il pianeta astro protettore di Israele; la costellazione dei Pesci indicava la casa degli Ebrei. L’evento celeste era quindi un chiaro segno che un potente re era apparso in Palestina. Forse era finalmente giunto il tempo della restaurazione messianica annunciato dai profeti e tanto atteso dalla popolazione. Di qui la scelta di mettersi in movimento per andare a rendergli omaggio.
Il 29 maggio del 7 p.E.V., gli astrologi babilonesi osservarono la prima congiunzione dei due pianeti dal tetto della scuola di astrologia di Sippar. L’estate torrida mesopotamica non era certo il periodo più favorevole al faticoso viaggio Babilonia-Gerusalemme a dorso di cammello.
La seconda congiunzione, quella del 26 settembre al 6 ottobre, sarà stata per loro un incitamento a raggiungere la Palestina. Con oltre un mese e mezzo di viaggio, i Magi sarebbero arrivati a Gerusalemme verso la fine di novembre.
La terza congiunzione Giove-Saturno, uniti come in un grande astro, tornò a essere visibile dal 5 al 15 dicembre. Nel crepuscolo della sera era osservabile in direzione sud, sicché i Magi, andando da Gerusalemme a Betlemme, avevano il risplendente astro sempre dinanzi agli occhi. La stella sembrava di fatto muoversi “innanzi a loro”, come tramanda il Vangelo.
Questo fenomeno, sviluppatosi per un periodo di tempo così lungo da accompagnare i Magi durante tutto il loro viaggio, sembra davvero l’evento celeste descritto nel Vangelo di Matteo: la stella che avevano visto li precedeva, finché, arrivati sopra il luogo dove era nato il bambino, si fermò. La stella, dunque, come segno cosmico del Messia a cui si rivolgono tutti i popoli della Terra.
C’è un’ultima considerazione da fare.
Tutto il racconto dei Magi, oppure anche solo l’episodio dell’apparizione della stella, potrebbe essere, per Matteo che scrive in ambiente ebraico dirigendosi principalmente ad ebrei, un esempio di midrash. La stella e il suo fulgore descriverebbero la gloria di Dio, allo stesso modo in cui già si era manifestata, nella storia di Israele, con una nube, una luce o un bagliore, coprendo il luogo ove scendeva con la sua presenza.
Leggendo il brano del Vangelo o avvicinandoci al presepe, guardiamo allora la stella, godiamo anche noi di questa gloria e, come dice Papa Francesco, «quella stella ci porterà a contemplare Gesù, quel bimbo che nasce a Betlemme e che vuole la nostra piena felicità».