Il 28 maggio 2023, il Dicastero vaticano per la Comunicazione ha pubblicato una Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media, dal titolo Verso una piena presenza. Attraverso una serie di post, mettiamo in evidenza gli aspetti più peculiari. Ecco il post [6], relativo ai nn. 37-44.
«Impegnarsi nell’ascolto sui social media è un punto di partenza fondamentale per progredire verso una rete fatta non tanto di byte, avatar e “mi piace” quanto di persone. In questo modo passiamo dalle reazioni rapide, dalle ipotesi fuorvianti e dai commenti impulsivi al creare opportunità di dialogo, sollevare domande per saperne di più, manifestare cura e compassione, e riconoscere la dignità di coloro che incontriamo».
«La cultura digitale ha aumentato a dismisura il nostro accesso agli altri. Questo ci offre anche l’opportunità di ascoltare molto di più. […] L’ascolto intenzionale nel contesto digitale richiede un ascolto con “l’orecchio del cuore”. Ascoltare con “l’orecchio del cuore” va oltre la capacità fisica di percepire suoni. Ci spinge invece ad aprirci all’altro con tutto il nostro essere: un’apertura del cuore che rende possibile la vicinanza […]. Se teniamo presente che ci stiamo connettendo con altre persone dietro lo schermo, l’esercizio dell’ascolto può estendere l’ospitalità alle storie degli altri e iniziare a stabilire relazioni».
Il documento si sofferma quindi sull’idea di “prossimità” nei social media.
«Sui social media, la prossimità è un concetto complesso.
- Il “prossimo” sui social media è più chiaramente la persona con cui manteniamo dei contatti.
- Allo stesso tempo, il nostro prossimo spesso è anche chi non possiamo vedere, o perché le piattaforme ci impediscono di farlo o perché semplicemente non è presente.
- Gli ambienti digitali sono condivisi anche da altri partecipanti, come gli “internet bots” e i “deep-fake”, programmi informatici automatizzati che operano online con compiti assegnati, spesso simulando azioni umane o raccogliendo dati.
- Inoltre, le piattaforme social sono controllate da una “autorità” esterna, di solito un’organizzazione a scopo di lucro che sviluppa, gestisce e promuove le modifiche al funzionamento della piattaforma.
In senso più ampio, tutti questi soggetti abitano nella o contribuiscono alla “prossimità” online».
«Riconoscere il nostro prossimo digitale significa riconoscere che la vita di ogni persona ci riguarda, anche quando la sua presenza (o assenza) è mediata da strumenti digitali. […] Promuovere un ambiente digitale migliore non significa distogliere l’attenzione dai problemi concreti che vivono molte persone, come ad esempio la fame, la povertà, le migrazioni forzate, le guerre, le malattie e la solitudine. Significa, invece, promuovere una visione integrale della vita umana che, oggi, include il contesto digitale. I social media, infatti, possono essere un modo per richiamare l’attenzione su queste realtà e costruire solidarietà tra persone vicine e lontane».
«In una visione dei social media come spazio non solo per le connessioni ma, in fondo, anche per le relazioni, un buon “esame di coscienza” riguardo alla nostra presenza sui social media dovrebbe includere le tre relazioni vitali: con Dio, con il nostro prossimo e con l’ambiente che ci circonda.
Le nostre relazioni con gli altri e con l’ambiente dovrebbero nutrire la nostra relazione con Dio, e la relazione con Dio, che è la più importante, deve essere visibile nelle nostre relazioni con gli altri e con l’ambiente».