Si è discusso a lungo, nei secoli e nelle vicende cristiane, se San Paolo fosse a favore o contro l’impegno delle donne nella Chiesa, quasi fosse un “misogino”, per qualche frase male interpretata, senza tenere conto del contesto ecclesiale di duemila anni fa, ma basterebbe scorrere l’elenco delle donne nella chiusura della Lettera ai Romani e di altre lettere, per rendersi conto della considerazione alta delle donne tra i collaboratori vicini a San Paolo.
Le donne erano coinvolte regolarmente nell’apostolato missionario paolino, senza alcuna discriminazione, anzi spesso con compiti di primaria importanza, pur sapendo che qualche gelosia avrebbe potuto rovinare il suo lavoro, allora era fondamentale trovare chi riportasse la pace e la buona armonia nella comunità o nel singolo gruppo.
Questo avveniva e avviene anche nell’ambito sportivo, dove il gruppo ha bisogno continuamente di mantenere la concordia e l’armonia per ottenere i migliori risultati.
“Fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi! Esorto Evòdia ed esorto anche Sìntiche ad andare d’accordo nel Signore. E prego anche te, mio fedele cooperatore (Sizigo), di aiutarle perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita” (Filippesi 4,1-3).
In questo brano San Paolo, ai suoi amici filippesi con delicatezza e dopo alcune lodi, entra nelle problematiche di possibili gelosie tra le donne che si sono distinte nel servizio dell’annuncio del Vangelo, perché anche in un impegno sacro di volontariato c’è sempre il rischio di voler imporre la propria volontà e il proprio modo di essere e di vedere, ma se non ci si coordina bene succede che una fa e l’altra disfa.
È interessante questo ricordo particolare di due donne, forse solo in competizione per ottenere i migliori risultati apostolici, che non vengono riprese, ma semplicemente esortate “ad andare d’accordo nel Signore”. Mentre viene chiaramente riconosciuto che “hanno combattuto insieme con me”, cioè alla pari con l’Apostolo.
San Paolo, ma anche i suoi discepoli più fedeli, sapevano bene che per non finire su strade non tracciate o addirittura non corrette, bisognava spesso richiamare allo scopo principale del proprio impegno, così da non sprecare energie inutilmente in direzioni che non avrebbero portato a buoni risultati o al limite per non incorrere in risultati negativi.
La coesione e forza del gruppo consisteva e consiste nell’avere tutti una meta precisa, condivisa, verso la quale puntare insieme senza invidie, gelosie, o sbandamenti, oggi diremmo: “bisogna essere e fare squadra”.
Proprio come negli sport di gruppo dove questo principio è fondamentale: “tutti per uno e uno per tutti”, in modo da sostenersi a vicenda e da raggiungere il massimo del potenziale di ciascuno e dell’insieme delle persone: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Romani 12,10).
“È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza” (Colossesi 1,28-29).
“Nessuno che si compiace vanamente del culto degli angeli e corre dietro alle proprie immaginazioni, gonfio di orgoglio nella sua mente carnale, vi impedisca di conseguire il premio: costui non si stringe al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legamenti e cresce secondo il volere di Dio” (Colossesi 2,18-19).
Credo ci sia molto da meditare sul nostro modo di lavorare insieme. In particolare, in questo tempo di riflessione e consapevolezza sul cammino sinodale della comunità ecclesiale, che ha il Maestro Verità, Via e Vita come riferimento.
P. Marcello Lauritano, ssp